Minervino
Murge, 26 dicembre 2012
A distanza
di un anno dall’ultima volta, sono tornata nella mia terra. Ad accogliermi, un
clima primaverile, così strano rispetto al Natale innevato e freddo a cui siamo
abituati. Rispetto a tutte le altre volte, sono
felice di questo ritorno. Sarà che l’esser nomade, senza un posto “mio”,
sempre ospite di qualcuno, ad un certo punto stanca.
Riprendo possesso di un
mio, seppur piccolo, spazio, arrangio una stanza che ormai è diventata – nelle mie
lunghissime assenze – il laboratorio di cucito di mia madre, e finalmente
ritrovo la possibilità di concentrarmi sulle mie cose.
Con un
tramonto più bello dell’altro alla mia destra, il profilo del Monte Vulture
sullo sfondo e tanti colori che di giorno in giorno cambiano.
Dopo tanto
tempo, oggi un’amica mi ha chiesto un lavoro dietro pagamento. E penso
che sono mesi che non ho un lavoro, uno stipendio, che mi sono disabituata a
chiedere soldi per qualcosa che so fare, che non vedo l’ora che questa
situazione finisca, e che, nonostante tutto, mi sento serena e penso positivo.
Natale strano,
questo. Felice di essere a Minervino, solita ritrosia a rivedere tutte le
persone del mio passato, quantomeno tutte assieme. Sole e alte temperature,
tanti libri da leggere (ora che con il Kindle non c’è limite di possibilità),
incontri e telefonate con le persone più care, soprattutto quelle che essendo
rimaste indietro a livello tecnologico, puoi solo raggiungere con una landline
per parlarci comodamente.
Ho voglia
di Camaldoli, oggi. E mi piacerebbe trascorrere lì il Capodanno che viene.
Cos’è
tutta questa nostalgia? Forse la canzone che gira in sottofondo, per non
sentire le urla del gruppo che gioca in soggiorno… “That I would be good” di Alanis Morissette