venerdì 20 settembre 2013

Camminando. Sull'intervista del Papa

Londra sud, 20.09.2013

La nostra vita non ci è data come un libretto d'opera in cui c'è tutto scritto, ma è andare, camminare, fare, cercare, vedere...Si deve entrare nell'avventura e nella ricerca dell'incontro e del lasciarsi cercare e lasciarsi incontrare da Dio. Dio lo si incontra camminando...Dio è sempre una sorpresa, non sai mai come e dove lo trovi

Mentre attendo una risposta decisiva per capire la mia prossima destinazione, voglio leggere attentamente, senza perdermi nel marasma di notizie della rete, l'intervista rilasciata da papa Francesco al direttore di Civiltà Cattolica Antonio Spataro. La impagino e scarico sul Kindle, perchè la lettura online non aiuta la concentrazione. Ci trovo delle parole immense. Il primo pensiero è (sorrido): con quale argomento d'ora in poi gli agnostici attaccheranno i cattolici su dottrine, papi, linguaggi astrusi, temi etici, cambiamenti sociali? Francesco spiazza tutti, anche noi, che abbiamo alle spalle una storia di militanza in ambienti cattolici, e che spesso ci siamo isolati di fronte a rigidità dottrinale e scarso spazio al dialogo.
Io sono una di queste. E quando è stato eletto Bergoglio, ero a Londra, ho seguito senza entusiasmo la fumata bianca, c'era M. ad aggiornarmi entusiasta, anche sulle varie teorie cospirative e i possibili scheletri nell'armadio del nuovo papa, che accompagnavano le belle parole di presentazione, non ultima la scelta del nome. Non è che non m'importasse, ma vivo tutto ormai con certo distacco, la politica, le promesse, l'amore, il che non vuol dire che non sia poi capace di reimmergermi alla prima occasione convincente e dar spazio alle antiche e sempre presenti passioni.
I mesi, i gesti, le parole, ma soprattutto la testimonianza, stanno parlando su tutto. E io mi ammutolisco incantata di fronte alla realizzazione di tutte quelle speranze che da anni, e per anni, abbiamo scritto, meditato, raccontato, soprattutto negli ambienti e con gli amici della Fuci, ma non solo loro. Ecco perchè penso: come "ci" attaccheranno adesso, che tutti i nostri tentativi conciliatori sono incarnati, risolti in un certo modo, esplosi, con questo Papa? Che poi non è uno tra tanti, di cui raccomandi la lettura per illuminarti la strada in mezzo a tanti bigotti e dottrinari con cui non ti ritrovi più e da cui prendi le distanze. No, ti senti in compagnia, finalmente i tuoi sentimenti, riflessioni e pensieri sulla bocca della massima carica della Chiesa, uno che si presenta come peccatore prima che come papa. Immenso. E con il coraggio di un linguaggio facile, dietro cui non ci si può nascondere, che capiscono tutti, che non è riservato a latinisti o vaticanisti esperti.
Riporto qui i passaggi che più mi hanno colpito, e che più mi ricordano, e mi sanano, quelle ferite del poco amore ritrovato negli ambienti "cattolici", dove ti aspetti una parola di comprensione e invece arriva sempre giudizio, limitatezza, faciloneria, incapacità di penetrare le vite quotidiane e complesse. Rivedo in queste parole i tormenti a cui cercavo di dare personali risposte, pace interiore, tentativi di dialogo con chi attaccava sempre perchè ti vedeva come una pecora del moralismo imperante privo di contatto con la realtà. Categorie in cui mai mi sono riconosciuta, preferendo la mescolanza con tutti i vari ambienti in cui mi sono ritrovata, senza volermi distinguere ed etichettare, perchè noi cristiani non siamo persone con l'etichetta, semmai persone che aspirano ad essere ricordate perchè lasciano un segno, una testimonianza coerente, una traccia di forza interiore. Di tutto questo, oggi non possiamo dire nulla, quando spariremo dal mondo saranno gli altri forse a ricordarsi di noi o a dimenticarci. A noi non spetta che camminare, mescolarci, guardare, e in cuor nostro, e con la vita, pregare e sperare.


"Si possono avere grandi progetti e realizzarli agendo su poche minime cose. O si possono usare mezzi deboli, che risultano più efficaci di quelli forti.

La santità io l'associo alla pazienza: non solo il farsi carico degli avvenimenti e delle circostanze della vita ma anche come costanza nell'andare avanti, giorno per giorno.

Non dobbiamo ridurre il seno della Chiesa universale a un nido protettore della nostra mediocrità...Le riforme organizzative e strutturali sono secondarie; la prima riforma deve essere quella dell'atteggiamento.

La religione ha il diritto di esprimere la propria opinione a servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi: l'ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile.

Una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con l'insistenza. L'annuncio di tipo missionario si concentra sull'essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona e attira di più.

Il femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono le decisioni importanti [teologia della donna].

Dio è certamente nel passato, perchè è nelle impronte che ha lasciato, ed è anche nel futuro come promessa. Ma il Dio "concreto" è oggi. Per questo le lamentele mai, mai ci aiutano a trovare Dio.
Non bisogna privilegiare gli spazi di potere rispetto ai tempi, anche lunghi, dei processi. Noi dobbiamo avviare processi, più che occupare spazi.

E' necessario un atteggiamento contemplativo: è il sentire che si va per il buon cammino della comprensione e dell'affetto nei confronti delle cose e delle situazioni. Il segno che si è in questo buon cammino è quello della pace profonda, della consolazione spirituale, dell'amore per Dio, e di vedere tutte le cose in Dio.

Le grandi guide del popolo di Dio, come Mosè, hanno sempre lasciato spazio al dubbi. Si deve lasciar spazio al Signore, non alle nostre certezze: bisogna essere umili.

Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi tende in maniera esagerata alla "sicurezza" dottrinale, ha una visione statica e involutiva. E la fede diventa una ideologia tra le tante. Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona. C'è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere. Bisogna fidarsi.

E' necessario, per l'uomo che fa cultura, essere inserito nel contesto nel quale opera e sul quale riflette. La nostra non è una fede-laboratorio ma una fede-cammino, una fede storica. Dio so è rivelato come storia, non come compendio di verità astratte. Io temo i laboratori, perchè nel laboratorio si prendono i problemi e li si portano a casa propria per addomesticarli, verniciarli, fuori dal loro contesto. Non bisogna portarsi la frontiera a casa, ma vivere in frontiera ed essere audaci."


mercoledì 11 settembre 2013

MI.TO.RM

Roma, 11 settembre. Come ogni anno, in questa data trovi i voli più scontati. Dunque si parte. Mi aspetta una brutta sorpresa, però. Riapro una valigia che avevo lasciato in una cantina di Milano, con i miei vestiti invernali, e salvo quelli che avevo portato con me in Tunisia, sono quasi tutti marci, da buttare, perchè c'è stata un'infiltrazione tempo fa - eppure mi avevano assicurato che erano stati risparmiati. Sono stata stupida a non controllare prima, fidandomi dell'aspetto asciutto della valigia. Quindi mi sono trascinata inutilmente due bagagli da Milano fin qui, passando per Torino. Ma soprattutto, vivo con sempre meno cose. Un po' un destino. Sono pronta.

Roma. Per la seconda volta in un mese. E stavolta con calma. Dopo tanti, troppi anni. E' proprio vero che il tempo cura le ferite, e ti riconcilia con il passato. Cammino per kilometri e kilometri in questa città, e nel quartiere in cui ho vissuto per due anni, come se non ci fossi mai stata. Sensazioni nuove, sorprendenti. Un bel tramonto sul Pincio, dove non andavo da quel concerto di Capossela, notte bianca 2007. Ma non tornerei a viverci. Troppo caotica, troppo piena di romani, turisti, auto e motorini. Che sofferenza passeggiare per il centro e vedere le auto che scivolano tra un monumento e l'altro!

Italia. Da quando sono tornata in Italia mi sento di nuovo pessimista. Provo insofferenza per le aspettative della società, l'ossessione estetica, il consumismo e l'idea del vivere inseguendo i soldi, che servono, ma in verità non ne servono così tanti, se si tolgono i bisogni indotti. Quest'aria non mi piace, è come se mi si volesse far sentire in colpa perchè da qualche mese di tutto questo non m'importa più nulla, vivo in un'altra dimensione, e anche quando tornerò ad una vita routinaria, spero di non perdere le belle consapevolezze che ho maturato.

MI.TO. L'altro giorno viaggiavo in treno, da Milano a Torino. Ho conosciuto una donna rumena, bionda, non curata ma a mio parere molto bella, sorridente, senza una ruga sul viso. Ha settant'anni, è piena di energie e da quando è giovanissima ha sempre viaggiato, e girato il mondo, da est ad ovest, unendo spirito d'avventura e lavoro. Ha pure tirato su, da sola, due figli, che ha fatto studiare all'Università e che ora stanno per diventare avvocato e notaio. Ma di viaggiare, loro, non ne vogliono sapere. Le ripetono che è matta. E lei ride, spirito giovane in un corpo vissuto, un grande valigione rosa al seguito, e il sogno di vivere un giorno nel posto prediletto, la Sardegna. Ha messo su un'agenzia di viaggi, stavolta da sola, e porta durante tutto l'anno gruppi di rumeni della Transilvania in Sardegna e a Torino. Che energia mi ha trasmesso!

Sono tornata malvolentieri a Torino, giusto per poche ore. E' come quando finisce un amore. Non sai spiegarne il motivo, ma semplicemente non ti piace più. La memoria emotiva per fortuna è breve e flessibile. Ci fa dimenticare in fretta le emozioni passate, e ci consente di non sentirne la mancanza, e anzi, di guardare avanti. Resiste il contatto solo per gli amici cari che ancora ci vivono.

(foto: autoscatto in cui mi specchio in una foto di Salgado)