Londra, UK.
“Girfriend
in a coma” è un bellissimo documentario, e merita di essere visto in campagna
elettorale. Da chi ha la memoria corta, da chi ha smesso di emozionarsi, da chi
in questi giorni non riesce a focalizzare quali sono i veri problemi del Paese.
Ieri sera c’è stata l’anteprima assoluta alla Goldsmiths University di Londra.
Poche persone presenti, oltre ai registi e agli organizzatori, probabilmente a
causa dell’orario proibitivo e della location non troppo comoda. La prima cosa
che si nota è che è un documentario costruito secondo una prospettiva estera:
asciutto, secco, essenziale, efficace.
È tratto dal libro del giornalista dell'Economist Emmott “Good Italy, bad Italy”, e su questo doppio binario si sviluppa, pur
privilegiando quello negativo. Riassume in maniera esemplare il declino dell’Italia,
soprattutto negli ultimi venti anni, lasciando in sottofondo un rapporto d’amore
con questo Paese che viene rappresentato, anche nell’immagine che dà il nome al
film, da una ragazza maltrattata e picchiata a sangue, entrata in un coma da
cui non riesce a riprendersi. Commuove il continuo richiamo alla cultura, all’arte,
alla musica, ma anche, in negativo, la sfilza di statistiche sul posizionamento
dell’Italia nel mondo in termini di corruzione, condizione della donna e
violenza domestica, debito pubblico, libertà di stampa, numero di indagati in
Parlamento, tempi della giustizia, percentuale di donne adulte che lavorano. Come
nota un signore inglese durante il dibattito, se oggi l’Italia dovesse entrare
in Europa, verrebbe certamente esclusa.
Il pregio di questo lavoro è quello
di ricordarci che la responsabilità del declino economico sociale e culturale è
diffusa, pur essendo emblematica e centrale la figura di Silvio Berlusconi. Il degrado
cui assistiamo è dovuto all’agire di ciascuno di noi. Dalla scelta di non rispettare
le leggi, di evadere, di vendere il proprio voto, dal lasciarsi
stordire da una TV priva di contenuti, dall’abituarsi a considerare la donna come
un oggetto privo di libertà e volontà, che è lecito picchiare od uccidere, o
dare in pasto al potente di turno, dalla scelta di aver favorito, anche con la
violenza politica, la totale scomparsa di riformismo. “Il peccato numero uno in
Italia è l’ignavia”, ammonisce Travaglio, “la tragedia della viltà impunita che
viene risolta nel segreto del confessionale”, aggiunge Servillo.
C’è pure Dante in
questo documentario, e l’altra immagine che fa da sfondo ai 98 minuti di
pellicola è la visione dell’Italia tra Paradiso, Purgatorio e Inferno. Nel
piccolo Paradiso, c’è Progetto Sud, la comunità di disabili che vive in un bene
confiscato, guidata da don Panizza (non perdetevi le pillole di saggezza di
Emma Leone, una delle ospiti della comunità!), la buona imprenditoria del
modello FIAT degli esordi e di Ferrero, Eataly e Slow Food. Nell’inferno, c’è
Ilva ("un mostro che serve"), i tagli alla cultura, la “diaspora” di tantissimi giovani, oggi perlopiù
laureati, che fuggono disperati. Vedere Torino, Bra, Taranto, Roma, e poi
Londra mi ha fatto tanto male al cuore. Ho vissuto in tutte queste terre, e oggi mi trovo a Londra. Dove godo della libertà di espressione e della visione di questo film sull'Italia, al contrario dei miei connazionali. Dove ogni giorno devo ricordarmi che per adesso non si torna, perchè non si può. Come molti degli italiani intervistati, che vivono qui da
anni, la speranza è di dare vita, un giorno, insieme ai nostri figli, al nuovo
Rinascimento italiano.
Cosa ci aspetta con queste elezioni? Si può dire con le parole di Petrini: “La crisi significa passaggio. Sta a noi
decidere in quale senso: il baratro o la ripresa?”.
Mi spiace che in Italia l’ex
Ministro Melandri abbia censurato questo film fino allo svolgimento delle
elezioni. È veramente un peccato. D’ignavia.
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