martedì 11 giugno 2013

Viaggio nel viaggio. Istantanee

Paradiso perduto


Per la prima volta da quando sono qui, viaggio da sola, in treno, seconda classe. La gente mi osserva, mi siedo accanto ad una ragazza che legge. Ci vogliono quattro ore per arrivare a destinazione, con me ho alcuni articoli de L'Internazionale, Walden di Thoreau, un po' di musica. La colonna sonora è "Bar Casablanca" di Pippo Pollina.


Gabès è una città del sud, bollente, agricola, tradizionale, caotica e inquinata. Le strade sono malridotte, la gente guida in stile "sopravvivenza", zigzagando attorno alle buche, parlando al cellulare senza auricolare (abbiamo pure rischiato un incidente!); i motorini anche di sera girano senza luci, la gente attraversa a caso. Una volta questa città era chiamata "the little Paradise", perchè, unica al mondo, ha mare, oasi e montagne nel raggio di pochi chilometri. Da quando ospita la più grande azienda chimica della Tunisia, purtroppo, è diventata il paradiso dell'inquinamento, per non parlare dei problemi che già si riscontrano altrove: cimiteri di plastica (buste e bottiglie) ovunque, spazi verdi sempre più compressi, magari privati, oppure occupati da uomini ubriachi, dunque rischiosi. Assaggio la maestosità dell'oasi nei tempi che furono grazie alle foto esposte nello zoo: palme rigogliose e verde dappertutto. A Gabès essere felici e realizzati significa avere una casa grande, sposare un uomo ricco, avere dei figli il prima possibile.

Ho trascorso due giorni intensissimi presso la famiglia A.. Una famiglia normale, nè ricca nè povera, tutta lingue, perciò aperta al mondo. Papà insegnante di francese, in pensione, blogger e contadino, appassionato di politica e oppositore di Ben Ali, è lui la mente che ha plasmato l'intraprendenza di questa famiglia; I., la mia amica, insegnante d'inglese e fondatrice di un'associazione di volontariato, viaggia molto grazie alle opportunità formative offerte da Germania e USA, che qui riversano fiumi di soldi per drenare cervelli a basso costo; F., sua sorella, studia inglese all'università, mastica pure lo spagnolo e sogna l'Andalusia. La mamma, una donna modesta, casalinga, tutta dedita alla famiglia, qualche anno fa parlava l'italiano perchè guardava la RAI. Appena arrivo mi scambiano per un'attrice francese, mi chiedono quale sia il segreto della linea (?) e soprattutto del mio taglio di capelli. Mi accolgono come una figlia, e mi deliziano con mille prelibatezze locali, dal cous-cous al succo di palma, insegnandomi, tra un piatto e l'altro, qualche parola (e parolaccia) di dialetto tunisino. Il secondo dei quattro figli vive in Germania, il terzo è apparso solo un paio di volte, forse si vergogna della mia presenza. F., con cui ho avuto delle lunghe chiacchierate sulla vita e sul futuro, mi regala un paio di orecchini, si è svegliata presto apposta per salutarmi, mi abbraccia e sussurra: "Mi sono così abituata alla tua presenza che non voglio che tu parta! Torna presto". 

Viaggio verso Djerba, in louage, unica donna e unica con la cintura di sicurezza, di fianco all'autista. Una collega, I., mi ha parlato di una sua amica, K., che vive in quest'isola magica (Lotophagitis), dove approdò Ulisse. "Secondo me, - scrive I. quando ci mette in contatto - avete da condividere molto più di un caffè". Ho meno di venti ore in totale, ma decido di partire lo stesso.


Ulisse moderni

Per nove infausti dì sul mar pescoso
I venti rei mi trasportâro. Al fine
Nel decimo sbarcammo in su le rive
De' Lotofàgi, un popolo, a cui cibo
È d'una pianta il florido germoglio.
Entrammo nella terra, acqua attignemmo,
E pasteggiammo appo le navi. Estinti
Della fame i desiri e della sete,
Io due scelgo de' nostri, a cui per terzo
Giungo un araldo, e a investigar li mando,
Quai mortali il paese alberghi e nutra.
Partiro e s'affrontaro a quella gente 
Che, lunge dal voler la vita loro, Il dolce loto a savorar lor porse.


Con K. ci sediamo a bere una limonata, la mia bevanda preferita, in un bar sulla spiaggia lontano dal caos della città. Parliamo di politica, di questa inutile Costituente*, composta prevalentemente di soggetti che per vendicare la sofferenza e gli anni di prigionia vissuti sotto il passato regime sono assetati di potere, denaro e interessi personali, e di fatto prendono tempo e lasciano morire lentamente un paese straordinario, ricco di cultura e di diversità vissute in armonia, e che oggi, in nome di una religione strumentalizzata ad arte, vogliono controllare i costumi, disintegrare questa varietà, creare un nemico comune. Mi parla anche del volontariato con i bambini, della ricerca di dottorato e del suo amore per la poesia. Insegnava inglese a Gabès, ma poi si è trasferita qui, ed ha avuto una bellissima bambina, N., che oggi ha quasi due anni e ci osserva dal passeggino, s'inebria del profumo del mare, e s'addormenta. 

Viene a prenderci suo marito, A., e andiamo a casa, in campagna. All'inizio K. sembra giustificarsi per ogni cosa, questo è di seconda mano, la nostra casa non è grande, non abbiamo il seggiolone e preferiamo usare il passeggino anche per i pasti, la bambina non posso lasciarla a nessuno, ecc., ma poi si rende conto che non sono il tipo di persona con cui deve farsi certi problemi. A. non parla molto, ma è un uomo attento, colto (insegna all'università), amante della campagna e della fotografia. Sorride divertito ad ascoltarci, e mi rivela che dopo sei anni insieme, è la prima volta sente parlare sua moglie in inglese.

Tardo pomeriggio. Con K. facciamo un giro della campagna, mi mostra le case tipiche dell'isola. Mi racconta che un'associazione locale si sta interessando a vari problemi ambientali, è riuscita ad ottenere che le costruzioni edilizie restino basse e lineari, in sintonia con quelle storiche, per non alterare il paesaggio urbano. Ci sediamo sulla panca all'ingresso, a godere del silenzio e della piacevole brezza dopo l'afa insostenibile a cui devo ancora abituarmi. Finiamo per parlare di Londra. Della "nostra" Londra, di come l'abbiamo vissuta, a volte senza essere capite. La ricordiamo affascinate. K. sogna di tornare sull'isola per visitare il Lake District, io per esplorare la Scozia. Ci chiediamo se tanta ispirazione artistica, nella storia, fosse stata possibile senza l'immersione nella natura.

Quando N. si sveglia, A., che indossa per l'occasione un abito tipico locale, una lunga casacca bianca e semplice, ci porta sulla spiaggia vicino al faro. E' crepuscolo, il posto è deserto, a parte una coppia che fa il bagno, la donna è vestita. Ci fermiamo ad ascoltare il suono avvolgente delle onde. Anche a me piace il mare per pensare ed ascoltare più che per nuotare. K. mi dice: "Mi sembra che ci conosciamo da una vita. Resta ancora un po', se puoi". A. registra per me un video con i suoni del mare.
Dopo cena, la piccola N., che in genere non si addormenta senza papà, si infila nel mio letto, spiazzando tutti. "Le piaci molto, è strano vederla così felice con qualcun altro, di solito è schiva". Al mattino, prima di accompagnarmi in stazione, trovo un cesto di fichi appena raccolti dall'albero come ricordo di viaggio. 

Riprendo il louage, il traghetto, il treno, per Susa. Mi è sembrato di star via un mese. E già sento tanta nostalgia di questa atmosfera, fatta di paesaggi e persone "sapienti", che coniugano semplicità, manualità e studio.  Riapro Walden: 

"How could youths better learn to live than by at once trying the experiment of living? Methinks this would exercise their minds as much as mathematics. If I wished a boy to know something about the arts and sciences, for instance, I would not pursue the common couse, which is merely to send him into the neighborhood of some professor, where anything is professes and practised but the art of life; - to survey the world through a telescope or a microscope, and never with his natural eye; to study chemistry, and not learn how his bread is made, or mechanics, and not learn hot it is earned; to discover new satellites to Neptune, and not detect the motes in his eyes, or to what vagabond he is a satellite himself; or to be devoured by the monsters that swarm all around him, while contemplating the monsters in a drop of vinegar. (...) Even the poor student studies and is taught only political economy, while that economy of living which is syonymous with philosophy is not even sincerely professed in our colleges. The consequence is that while he is reading Adam Smith, Ricardo, and Say, he runs his father in debt irretrievably. As with our colleges, so with hundred "modern improvements", there is an illusion about them; there is not always a positive advance. (...) Our inventions are wont to be pretty toys, which distract our attention from serious things. (...) We are in great haste to construct a magnetic telegraph from Maine to Texas, but Maine and Texas, it may be, have nothing important to communicate.

*tra i membri della Costituente, vi è una persona che conosco bene, di cui un'attivista, a Tunisi, mi ha parlato malissimo, dicendo testualmente: "Da quando è arrivato in Tunisia per la Costituente, O. ha lasciato nel mar Mediterraneo tutti i valori di democrazia, libertà, diritti umani". L'avevo intervistato, in Italia, nel 2011 (leggi qui), e appena arrivata qui gli ho scritto per rivederlo, salutarlo e magari intervistarlo, ma non mi ha mai risposto. Ora capisco perché.

[le foto di quest'anno sono sul mio blog flickr, per vederle clicca QUI]


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